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Le Leggi Sulle Droghe Nelle Filippine
4 min

Le Leggi Sulle Droghe Nelle Filippine

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Le leggi sulle droghe sono molto dure in tutta l'Asia. Le Filippine non sono un'eccezione, oggi sottomesse a Rodrigo Duterte e alle sue violente promesse di sangue. La giustizia verrà fatta con le canne dei fucili. Invece di compassione e metadone, i tossicodipendenti rischiano una buona dose di piombo caldo.

Probabilmente avrete già sentito parlare dell'assurda situazione politica che stanno attraversando le Filippine. Lo sapevate che il nuovo presidente Rodrigo Duterte sarà forse il primo politico a mantenere le promesse elettorali?

Purtroppo, il presidente Duterte sembra deciso a seguire "le linee guida della dittatura di Hussein" e a sostenere l'uccisione extragiudiziale nella sua politica sulle droghe. Diamo uno sguardo più da vicino ad una delle storie più folli che i principali mezzi di comunicazione sembrano voler ignorare.

IL CONTENUTO DELLA LEGGE

Secondo le normative filippine, o per essere precisi secondo la "Legge sul Pericolo Globale delle Droghe" del 2002, il possesso di piccole quantità di marijuana è punibile con almeno 12 anni di carcere, mentre la coltivazione di piante di Cannabis è condannabile con l'ergastolo.

La vendita e la distribuzione, inoltre, possono essere punite con la condanna a morte. Tuttavia, dopo l'abolizione della pena di morte successiva alla caduta della dittatura di Marcos nel 1986, questa pena è stata commutata in una condanna a vita.

Nonostante ciò, Duterte sembra intenzionato a ripristinare la pena di morte, andando contro le leggi filippine che non appoggiano né la pena di morte né l'uso della forza attraverso gruppi armati di vigilantes.

Le leggi sulle droghe vigenti in tutto il continente asiatico sono così draconiane da aprire una macchia nera sulla mappa per il movimento per la legalizzazione della marijuana.

In un rapporto redatto nel 2015 dalla HARM REDUCTION INTERNATIONAL viene trattata la pena di morte per reati legati alle droghe, riportando le sette nazioni appartenenti alla cosiddetta categoria degli "Stati dall'alta applicazione".

Cina, Malesia, Vietnam, Indonesia e Singapore sono i cinque stati dell'Asia riportati nel rapporto. Nel futuro, le Filippine potrebbero aprire una categoria a sé stante.

Gli altri due bastioni che hanno sempre appoggiato la pena di morte per reati legati a sostanze stupefacenti sono l'Iran e l'Arabia Saudita. In Corea del Nord la situazione non sembra andare diversamente, ma i pochi dati che trapelano dal Paese sono ancora insufficienti per poter approfondire l'argomento.

UNA STORIA DI VIOLENZE

Prima di diventare presidente e assumere la sua carica politica a fine giugno 2016, Duterte fu per 22 anni sindaco di Davao City. Attuando con estrema violenza e spargendo sangue, ha sempre dimostrato di essere un politico ambizioso e prepotente.

In un rapporto dell'ABC, redatto da Adam Harvey il 15/09/2016, viene citato un presunto ex-killer membro di uno squadrone della morte, sotto il mandato di Duterte come sindaco.

Il Sig. Matobato (il killer) ha di recente rilasciato una sua testimonianza nell'audizione al Senato di Manila "ogni giorno uccidevamo gente". Si stima che sotto il mandato di Duterte siano state assassinate 1.000 persone.

Sembra quindi che le tecniche spietate annunciate da Duterte non siano una novità quando si tratta di imporre il proprio potere politico. I tossicodipendenti sono diventati un facile capro espiatorio da sfruttare e convertire in un capitale politico.

IL SILENZIO ASSORDANTE DELLA CHIESA CATTOLICA

La popolazione delle Filippine si aggira intorno ai 100 milioni di abitanti e circa l'80% di questi sono cattolici. Nel mondo occidentale, il potere e l'influenza delle religioni più organizzate ha mostrato per qualche tempo un certo declino.

Nelle Filippine non si è mai arrivati a tale situazione. Tuttavia, la partecipazione di massa è in costante calo, da un massimo del 64% ad una stima attuale del 37%, secondo i dati del Social Weather Stations, pubblicati sull'articolo del The Philippine Star, redatto da Helen Flores, 04/10/2013.

Come gran parte dei dittatori, anche Duterte è diffidente nei confronti del potere della chiesa cattolica. Dopo tutto, si tratta di un'istituzione che ha giocato un ruolo fondamentale nella caduta del regime di Marcos trent'anni fa e, più di recente, nelle accuse e nella successiva destituzione del presidente Joseph Estrada, nel 2001.

Duterte ha sempre dichiarato di essere contro la chiesa cattolica, con l'intento di imporre un'immagine di "uomo forte" ed invincibile, impavido di fronte a qualsiasi istituzione o persona, a prescindere dalla loro carica politica.

Alcune dichiarazioni rilasciate su papa Francesco hanno causato scalpore e scandali in tutto il mondo, nelle quali Duterte è arrivato a dargli del "figlio di puttana".

Anche se non sono mancate le scuse, la pubblicità che è riuscito a farsi è stata sicuramente impagabile e lo scandalo, quasi sicuramente, faceva parte di un piano prestabilito. Si tratta di subdole manovre politiche per guadagnare popolarità o di un malinteso? Qualunque sia stata la ragione, sembra che nelle giornate lavorative di Duterte si ripetano questi assurdi risvolti politici.

Questo violento approccio sembra aver dato comunque i risultati desiderati ed il clero non ha il coraggio di reagire, dopo 3.600 persone uccise dalla polizia o dai vigilantes per reati di consumo e/o vendita di sostanze stupefacenti (secondo i dati dell'11/10/2016 pubblicati sul news.co.au da Marnie O’Neill).

LA PURGA

Nessuno sa esattamente quante persone vengano uccise esclusivamente per reati di droga, in quanto i rapporti di processi, prove scritte e la stessa giustizia sono molto difficili da consultare nelle Filippine in queste ultime settimane.

È stata aperta la stagione di caccia, nella quale i ripetuti omicidi potrebbero non essere tutti legati a reati per droga, ma rimane comunque una buona scusa per estirpare il problema della tossicodipendenza.

I sacerdoti hanno paura a rilasciare dichiarazioni, in quanto potrebbero rischiare violente rappresaglie per difendere i tossicodipendenti. I sondaggi confermano che esiste un sostegno popolare diffuso per la "Guerra alle Droghe" e la stragrande maggioranza dei cittadini sembra ormai succube di questa terribile e nuova "soluzione finale".

Lo stesso Duterte ha di recente dichiarato in una conferenza stampa rilasciata nella sua città di Davao: "Hitler ha sterminato tre milioni di ebrei... Qui ci sono tre milioni di tossicodipendenti. Vi assicuro che ci sono, e io sarò felice di massacrarli tutti". Il presidente non solo ha tralasciato un 50% di vittime dell'olocausto, ma ha anche mostrato di essere un fiero psicopatico.

GIOCO D'AZZARDO E ARMI

Il gioco d'azzardo è un altro vizio che Duterte non sembra voler ignorare, allontanando questo settore fuori da tutte le città filippine.

Tuttavia, ultimamente, è uscito lo scandalo sul gioco d'azzardo online, così redditizio da non essere stato del tutto estirpato.

Duterte potrà opporsi e sottomettere i filippini, ma difficilmente riuscirà ad espandere questi piani di "purga", inviando squadroni della morte alle porte dei casinò ed uccidendo il settore del turismo in un violento fuoco incrociato.

Un altro progetto politico affrontato con meno dedizione e frutto di una politica più tradizionale di "legge e ordine" è il giro di vite sulla proliferazione di armi da fuoco illegali.

I dati statistici sulle armi da fuoco sono assolutamente erronei nelle Filippine, in quanto esiste un "settore artigianale" che fabbrica pistole contraffatte. La Colt modello 1911, calibro 45, è una delle grandi favorite nel Paese e si può acquistare per poche centinaia di dollari, senza alcun porto d'armi o particolari requisiti.

L'accesso alle armi da fuoco sembra ormai non aver limiti e Duterte è consapevole di tutto ciò. È l'elemento chiave su cui si sostiene il suo folle piano genocida, che faciliterà gli omicidi per i suoi propri interessi.

VIVERE LA VIDA LOCA

La prossima volta che farete una bella boccata d'erba o di hashish, dedicate un pensiero a Eanna Ó Cochláin, 55 anni, originario di Cork, Irlanda.

Fu arrestato in circostanze molto sospette, quando di ritorno dalle vacanze fu sorpreso in aeroporto con qualche grammo di Cannabis in un pacchetto di sigarette, nel 2013.

Oggi è fuori sotto cauzione, ma gira per le strade delle Filippine con un bersaglio dipinto sulla schiena. La fuga è impossibile, in quanto il suo passaporto è stato dichiarato "inesistente" dalle forze dell'ordine, secondo quanto pubblicato dall'Irish Times, in un articolo di Marie O’Halleron 9/10/2016.

Un uomo braccato che rischia 12 anni di carcere e come direbbe Ralph Steadman "Per nessuna buona ragione!".

Charlie Flanagan, Ministro degli Esteri irlandese, dovrebbe intervenire e sollecitare l'immediato rimpatrio del cittadino irlandese, assicurando la sua incolumità. Nessun cittadino europeo dovrebbe essere abbandonato di fronte ad una vita surreale, in uno scenario alla Mad Max.

Si tratta di una situazione molto delicata e grave, nella quale Eanna rischia di essere ucciso da bande armate erranti o assassinato dal sistema carcerario sovraffollato e medioevale delle Filippine.

Il minimo che possiamo fare è non consentire che il Ministro Flanagan continui a fingere di non aver mai sentito parlare di Eanna. Charlie ama i tweets, potete quindi apportare il vostro contributo scrivendo a: @CharlieFlanagan

Miguel Antonio Ordoñez
Miguel Antonio Ordoñez
Con una laurea AB in Mass Media e comunicazione, Miguel Ordoñez scrive da oltre 13 anni e si occupa di contenuti relativi alla cannabis dal 2017. La ricerca continua e meticolosa, insieme alla sua esperienza personale lo hanno aiutato a costruire una conoscenza abbastanza profonda sull’argomento.
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